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I virus cambiano insieme al clima.
È tempo di un approccio integrato: prevedere, prevenire, monitorare

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Negli ultimi anni le infezioni respiratorie sembrano aver cambiato volto. Virus che circolano fuori stagione, ondate epidemiche meno prevedibili, sovrapposizioni fra patogeni respiratori. Non è un caso isolato. L’ambiente in cui viviamo, il clima che cambia e la qualità dell’aria stanno progressivamente modificando le dinamiche di diffusione delle infezioni respiratorie. Ecco perché comprendere questi meccanismi è il primo passo per definire strategie di prevenzione sempre più efficaci.


Infezioni respiratorie:
sotto attacco da più di 260 patogeni

Daniele Banfi
Giornalista
presso Fondazione Umberto Veronesi

Le infezioni respiratorie sono patologie che colpiscono l’apparato respiratorio – dalle vie aeree superiori (naso e gola) fino ai polmoni – e possono avere origine sia virale che batterica. Secondo la letteratura scientifica, sono stati identificati oltre 260 agenti patogeni capaci di provocare infezioni respiratorie nell’uomo. Si va dai virus responsabili dei comuni raffreddori ai batteri in grado di causare gravi polmoniti, soprattutto nei soggetti fragili.

Tra questi, alcuni patogeni ricoprono un ruolo predominante. Virus come quello influenzale, virus respiratorio sinciziale (RSV), rinovirus e SARS-CoV-2 circolano regolarmente nella popolazione, colpendo in particolare bambini piccoli, anziani e persone con patologie croniche. Accanto a loro, batteri come Streptococcus pneumoniae, Haemophilus influenzae e Staphylococcus aureus rappresentano una minaccia costante, spesso coinvolti nelle complicanze o nelle sovrainfezioni.

 

I principali agenti infettivi virali delle infezioni respiratorie
 

●    Rhinovirus (raffreddore): il patogeno più frequente, responsabile di circa metà dei raffreddori.

●    Virus respiratorio sinciziale (RSV): causa bronchiolite nei bambini piccoli e infezioni gravi nei fragili.

●    Influenza (A e B): febbre alta, dolori muscolari, tosse; causa migliaia di ricoveri annuali.

●    SARS-CoV-2: responsabile della pandemia di COVID-19, con forme severe nei soggetti vulnerabili.

●    Adenovirus: infezioni respiratorie, faringiti, congiuntiviti; può colpire anche in comunità chiuse.

●    Virus parainfluenzali (HPIV 1-4): causano difficoltà respiratorie nei bambini e nei pazienti cronici.

●    Coronavirus stagionali (OC43, 229E, NL63, HKU1): comuni raffreddori, generalmente benigni.

●    Human metapneumovirus (hMPV): simile a RSV, può determinare bronchioliti e polmoniti pediatriche.

 


Come sta cambiando il “calendario” delle infezioni?

Per anni, le infezioni respiratorie alle nostre latitudini hanno seguito schemi relativamente prevedibili. L’influenza, in particolare, mostra un andamento ciclico: inverno, picco epidemico, graduale declino primaverile. Questo modello ha sempre guidato la programmazione sanitaria.

«La stagionalità è uno degli aspetti che caratterizza buona parte delle infezioni virali respiratorie – spiega il professor Fabrizio Pregliasco, Direttore Sanitario dell’IRCCS Ospedale Galeazzi Sant'Ambrogio Su base annuale si osservano incrementi, picchi e decrementi che orientano l’organizzazione delle risorse sanitarie, sia a livello nazionale che locale».

Negli ultimi anni, però, questo equilibrio si è andato parzialmente modificando. I continui sbalzi termici e le stagioni “ballerine” stanno alterando la classica stagionalità virale, rendendo i picchi meno netti e più imprevedibili. Virus come RSV hanno iniziato a circolare anche fuori stagione, mentre l’influenza presenta oscillazioni significative sia nella tempistica che nella durata.

«L’influenza mantiene un andamento ciclico – precisa Pregliasco – ma le continue variazioni di temperatura avvantaggiano i virus in generale. Non c’è più una stagionalità così definita come una volta: quello che osserviamo è una diminuzione meno progressiva dei casi, favorita dalle condizioni meteorologiche che facilitano la diffusione dei virus respiratori e dei cosiddetti “virus cugini”, lasciando uno strascico rilevante».

 

Perché gli sbalzi di temperatura aumentano il rischio?

Alla base di questa maggiore imprevedibilità c’è un meccanismo ben chiaro, quello della clearance mucociliare: il sistema di “autopulizia” delle vie respiratorie. In condizioni normali, le cellule ciliate spingono verso l’esterno muco e particelle dannose, impedendo ai virus di penetrare in profondità. Gli sbalzi termici e l’aria fredda e secca rallentano però il movimento delle ciglia, compromettendo la prima linea di difesa.

«Gli sbalzi di temperatura – sottolinea ancora Pregliasco – mettono sotto stress il nostro organismo, che fatica ad adattarsi a variazioni rapide, sia nell’arco di una giornata che su più giorni o settimane. Questo vale soprattutto per anziani e bambini, la cui termoregolazione è meno efficiente».

Più le temperature oscillano, più si creano finestre favorevoli per la circolazione simultanea di diversi virus respiratori, con il rischio di prolungare i periodi epidemici e amplificare le coinfezioni.


L’effetto documentato su anziani e bambini

Diversi studi condotti a livello internazionale hanno dimostrato il legame tra fluttuazioni termiche e rischio respiratorio nei più fragili. In Gran Bretagna, la sopravvivenza a lungo termine negli anziani è risultata strettamente correlata sia ai valori medi stagionali che alla variabilità di temperatura all’interno della stessa stagione.

In Sudafrica, l’escursione termica giornaliera è stata associata a un aumento dei ricoveri pediatrici per polmonite. Analogamente, in Australia, i bruschi cali di temperatura tra giorni consecutivi sono correlati a maggiori accessi ospedalieri per polmonite nei bambini.

Anche se il cambiamento climatico agisce su scala globale, i suoi effetti sulla diffusione delle infezioni respiratorie variano in base ai contesti locali, al virus in circolazione e alle vulnerabilità demografiche. Da qui l’importanza di sviluppare risposte sanitarie sempre più personalizzate e flessibili.
 

Quando l’infezione virale favorisce l’infezione batterica
 

Spesso un’infezione respiratoria virale apre la strada a sovrainfezioni batteriche. Il virus danneggia l’epitelio respiratorio, rallenta la clearance mucociliare e abbassa le difese locali, facilitando la proliferazione di batteri normalmente presenti, come Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus o Haemophilus influenzae. Il rischio di complicanze – come le polmoniti batteriche – aumenta, in particolare nei pazienti fragili. Proprio per questo motivo la prevenzione vaccinale resta cruciale su entrambi i fronti: virus e batteri.


Non solo temperature: il peso dell’inquinamento

Accanto al clima, l’inquinamento atmosferico rappresenta un altro fattore chiave. Le polveri sottili (PM2.5 e PM10) in particolare non si limitano a irritare le vie respiratorie ma alterano i meccanismi di difesa locali, promuovendo infiammazione cronica, danno ciliare e immunosoppressione locale.

Alcuni studi mostrano come le particelle inquinanti possano fungere da veicolo per i virus stessi, prolungandone la sopravvivenza nell’ambiente e favorendone la trasmissione, specie nelle aree urbane.

Secondo l’OMS, oltre 6,7 milioni di morti premature annue sono attribuibili all’inquinamento atmosferico, molte delle quali legate a malattie respiratorie. Bambini, anziani e pazienti cronici pagano il prezzo più alto, con aumento di infezioni, riacutizzazioni e complicanze.

Clima e inquinamento spesso si sommano: ondate di calore che incrementano l’ozono, incendi che rilasciano particolato fine, inversioni termiche che intrappolano inquinanti nelle città. Il risultato è un ambiente sempre più favorevole alla diffusione di infezioni respiratorie.


La vaccinazione: l’arma oggi disponibile

Fortunatamente, contro alcuni dei principali agenti respiratori oggi disponiamo di vaccini efficaci.
Ecco per chi sono raccomandati, con un’attenzione particolare alle categorie più fragili.

 

●    Influenza (virus A e B): vaccino quadrivalente aggiornato annualmente, raccomandato o per  over 60, pazienti cronici, donne in gravidanza e operatori sanitari.

●    Virus respiratorio sinciziale (RSV): vaccino approvato per adulti over 18 anni inclusi i soggetti fragili (BPCO, cardiopatie, diabete, immunodepressi).

●    Streptococcus pneumoniae (pneumococco): vaccini coniugati 13, 15 e 20-valente, raccomandati  per over 65, cronici, immunodepressi, pazienti oncologici.

●    SARS-CoV-2: vaccini aggiornati periodicamente (bivalenti e successivi), raccomandati per over 60, fragili e immunodepressi.

L’integrazione di questi strumenti vaccinali consente di ridurre non solo l’incidenza, ma anche il carico clinico e sociale associato alle infezioni respiratorie.


La vaccinazione nei bambini

Per quanto riguarda i più piccoli, le infezioni respiratorie rappresentano una delle principali cause di malattia, accesso al pronto soccorso e ospedalizzazione. 
Il sistema immunitario ancora immaturo rende questa fascia d’età particolarmente vulnerabile. Per alcune delle principali infezioni, la vaccinazione offre oggi una protezione sicura ed efficace fin dai primi mesi di vita.

 

●    Pneumococco (Streptococcus pneumoniae): il vaccino coniugato protegge da una delle principali cause di polmoniti e otiti nei bambini, nonché malattie più gravi come sepsi e meningiti. È incluso nel calendario vaccinale e somministrato nel primo anno di vita.

●    Haemophilus influenzae tipo b (Hib): responsabile di forme gravi di epiglottite e polmonite, è prevenuto tramite il vaccino esavalente.

●    Influenza stagionale: la vaccinazione è raccomandata ogni anno a partire dai 6 mesi di età, soprattutto nei bambini con patologie croniche. Può essere somministrata anche come spray nasale.

●    Virus respiratorio sinciziale (RSV): la protezione dei più piccoli può avvenire attraverso la vaccinazione in gravidanza per prevenire l’infezione da RSV nel neonato fino a 6 mesi di età con immunoprofilassi passiva o con la somministrazione di anticorpi monoclonali.   


Oltre a ridurre il rischio individuale, la vaccinazione in età pediatrica contribuisce a contenere la circolazione dei virus nella popolazione generale, proteggendo indirettamente le fasce più fragili. Nell’insieme, rappresenta un tassello essenziale nella prevenzione delle infezioni respiratorie.


Giocare d’anticipo: la sfida della previsione

L’evoluzione climatica pone sfide crescenti anche sul piano organizzativo. Numerosi studi stanno cercando di integrare dati ambientali nei modelli epidemiologici, per prevedere gli effetti futuri e pianificare risorse e interventi sanitari in modo più efficiente.

Un recente studio australiano ha stimato che, nella sola Sydney, i ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie legate alle temperature potrebbero far crescere i costi da 493 a oltre 700 milioni di dollari australiani entro il 2050. A questi si aggiungerebbero maggiori spese farmaceutiche e terapeutiche legate alla diffusione di patogeni anche in aree geografiche finora meno coinvolte.

Il caso recente del RSV, che durante la pandemia ha modificato in modo atipico il proprio calendario epidemico, dimostra quanto i cambiamenti ambientali e sociali possano alterare le dinamiche di diffusione dei virus respiratori. Integrare variabili climatiche – come temperatura media, umidità e precipitazioni – nei modelli predittivi rappresenta una delle sfide centrali per la programmazione sanitaria dei prossimi anni.

Oltre il clima: l’effetto dell’antropizzazione
 

Il cambiamento climatico è solo uno degli elementi che stanno modificando lo scenario globale delle infezioni respiratorie. Un ruolo crescente lo gioca anche l’antropizzazione, ovvero l’espansione delle attività umane negli ambienti naturali, con conseguente alterazione degli equilibri ecologici.

«L’uomo sta progressivamente occupando spazi prima incontaminati e questo aumenta le occasioni di contatto con virus che circolano in animali selvatici. Così facendo, creiamo condizioni favorevoli per il cosiddetto salto di specie, ovvero il passaggio di nuovi agenti patogeni all’uomo» spiega il professor Pierluigi Lopalco, epidemiologo presso l’Università del Salento.

Non si tratta di un rischio ipotetico, ma di un fenomeno già osservato più volte. 

«Negli ultimi decenni – aggiunge Lopalco – abbiamo assistito all’emergere di numerosi virus di origine zoonotica. Dall’HIV al SARS-CoV-1, fino al SARS-CoV-2, passando per MERS e altri coronavirus: sono tutti esempi di come l’alterazione degli ecosistemi e la pressione antropica favoriscano la comparsa di nuove infezioni».

Il risultato è un ulteriore elemento di complessità in uno scenario già reso più instabile dal cambiamento climatico e dall’inquinamento. La coesistenza di questi fattori rende necessario un approccio sempre più integrato e globale alla prevenzione delle infezioni emergenti.

Pierluigi Lopalco
Epidemiologo presso l’Università del Salento.

Un approccio integrato

La sfida delle infezioni respiratorie, amplificata dalle trasformazioni climatiche e ambientali, richiede oggi un approccio sempre più integrato: monitoraggio costante, modelli previsionali aggiornati, strategie vaccinali flessibili e una costante attenzione verso le popolazioni più vulnerabili. Comprendere questi meccanismi significa essere in grado non solo di curare, ma di prevenire in modo più efficace ciò che il clima, l’ambiente e l’evoluzione sociale stanno già modificando.

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