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Equità in salute tra sogni e realtà

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Una sanità equa e accessibile per tutti i cittadini anche in termini di terapie e farmaci è uno dei principi fondanti della nostra società. Ogni individuo dovrebbe avere le stesse opportunità di raggiungere il miglior stato di salute possibile, indipendentemente da fattori economici, etnici o geografici. Nonostante ciò, l'obiettivo di garantire in tutte le Regioni italiane gli standard definiti a livello nazionale, i cosiddetti LEA - Livelli Essenziali di Assistenza - rimane un progetto ambizioso e ancora non del tutto realizzato.


Programma Nazionale Equità nella Salute: colmare i divario regionali nell'accesso alle cure

di Cesare Buquicchio
Giornalista professionista, Co-direttore TrendSanità. 
Direttore scientifico del corso di perfezionamento CreSP, Università di Pisa

Sotto la spinta dell'Unione europea, l'Italia ha sviluppato diversi programmi di analisi e intervento, calibrati sulle esigenze di un Paese che da sempre viaggia a due velocità. Per questo scopo nasce il Programma Nazionale Equità nella Salute 2021-2027 (PN), sviluppato anche in coerenza con i contenuti dell’Agenda 2030 e della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile che vuole intervenire nelle 7 Regioni meno sviluppate (MS) del Paese per «rafforzare i servizi sanitari e rendere più equo l’accesso, anche nell’ottica di sviluppare un’azione di sistema e di capacitazione dei sistemi sanitari regionali dell’area».
 

«Ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali»
Articolo 35, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea


Il programma coinvolge Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e i loro servizi sanitari, allo scopo di migliorare la qualità del servizio erogato e renderne più equo l'accesso. In questi territori si registrano infatti, rispetto al resto del Paese, «minori livelli di soddisfacimento degli standard definiti a livello nazionale e maggiori difficoltà finanziarie e organizzative nella gestione del servizio sanitario», come rivela lo stesso Ministero della Salute.
 

I numeri del Programma Nazionale Equità nella Salute

  • 625 miliardi €: dotazione finanziaria totale del Programma

  • 375 milioni €: Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+)

  • 250 milioni €: Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR)

Una Sanità iniqua è una Sanità insostenibile

Una Sanità iniqua pesa in modo diretto sulle capacità di spesa delle famiglie. Secondo l’indagine Istat sui consumi delle famiglie, nel 2022 la media nazionale delle spese per la salute è stata di 1.362,24 € a famiglia, con un aumento di 64 euro rispetto all'anno precedente.
Spese non per tutti sostenibili, considerando che più di 4 milioni e 200mila famiglie hanno limitato le spese per curarsi, mentre sono quasi 2 milioni i cittadini che hanno rinunciato del tutto a prestazioni sanitarie per ragioni economiche.

Oltre 4 mln
le famiglie italiane che hanno limitato le spese per curarsi

Quasi 2 mln
gli italiani che hanno rinunciato alle cure per ragioni economiche

Complessivamente, le famiglie più colpite dalle spese sono state proprio quelle residenti nel Centro e Sud Italia, nonostante un quadro territoriale abbastanza eterogeneo.
Qualche esempio: dal 2021 al 2022 i maggiori incrementi si rilevano in Puglia con +26,1% e in Toscana con +19,3%.
Altre Regioni, invece, hanno registrato una diminuzione di spesa, tra queste la Valle d’Aosta con un -24,3%.

Il PN Equità nella Salute è stato preceduto nel 2014 dal progetto Equity Audit nei Piani regionali di prevenzione in Italia, portato avanti dalle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto, coordinate dal Piemonte, le quali hanno messo a punto e sperimentato sul campo strumenti specializzati di Health Equity Audit (HEA). L'obiettivo alla base del progetto finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie del ministero della Salute (CCM) è stato quello di accompagnare con strumenti, metodi e formazione gli interventi di prevenzione per una sanità equa.

Il lavoro portato avanti da HEA ha permesso di aumentare le conoscenze e le competenze degli operatori delle Agenzie di tutela della salute (ATS) rispetto alle tematiche di health equity nei contesti di comunità, sulle disuguaglianze di salute in ambito materno-infantile e ha formato operatori sanitari nelle cure primarie e nelle azioni di contrasto sulle disuguaglianze di salute fumo-correlate.

Non da ultimo, si è rilevato che stimare «il carico di malattia attribuibile alle esposizioni ambientali per strato di posizione socio-economica – come si evidenzia sulla scheda del progetto pubblicata dall'Istituto Superiore di Sanità – consente di disegnare strategie di intervento eque per la prevenzione e la promozione della salute della comunità esposta».

Le spese per la salute
sono sempre più alte
e spingono sempre più persone
a tralasciare le cure

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Sanità pubblica: un’opportunità di crescita, frenata dalle disuguaglianze regionali e da vincoli normativi

«La nostra sanità vive purtroppo di disuguaglianze. È quello che emerge chiaramente dal monitoraggio costante dei LEA,
i Livelli essenziali di assistenza. Questo squilibrio è legato alle differenze che ci sono storicamente nel nostro Paese tra Regione e Regione. Ma, evidentemente, l'attuale impalcatura normativa non è riuscita a superarle e a garantire equità.
Il modello di aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, infatti, è sottoposto a un percorso tortuoso, tale che si deve passare prima dalle verifiche di disponibilità finanziaria, poi dalla capacità di tutte le Regioni di implementarlo e, infine, ad un vincolo normativo che porta ogni aggiornamento LEA a dover essere approvato all’unanimità dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.

Antonio Gaudioso
Esperto di politiche sanitarie,
già Capo della Segreteria Tecnica del Ministro della Salute
e Segretario Generale di Cittadinanzattiva.

Tutto questo ha fatto sì che, sostanzialmente, nel nostro Paese sia tutto fermo al 2017, anno a cui risale il decreto tariffe che aggiornava i Livelli essenziali di assistenza e che, a tutt’oggi non è entrato ancora in vigore. E quando si parla del 2017 si parla ormai di un periodo antecedente alla pandemia da Covid-19, in un mondo e in una sanità che ormai sono completamente cambiati.
Lo spirito iniziale dei LEA prevedeva, invece, un aggiornamento annuale per far sì che l’offerta di salute si adeguasse ai bisogni che cambiavano nella popolazione, bisogni legati all’innovazione tecnologica, all’invecchiamento, a nuovi strumenti e terapie che devono essere messi a disposizione delle persone. In questo meccanismo emergeva anche una seria lotta alle disuguaglianze che ci sono tra Nord e Sud e tra aree montane, aree interne e realtà cittadine che non è stato portato a compimento. La scarsità di risorse e la carenza di medici, infermieri e professionisti sanitari richiedono ora un cambio di passo di tutto il Paese e non solo di chi ha responsabilità nel settore della sanità.
La tutela della salute pubblica in Italia ha dimostrato di essere uno strumento potente. Non solo, e storicamente, una garanzia di diritti e di coesione sociale, ma anche un volano di innovazione, di investimenti, con la capacità di far crescere la ricerca e il sistema di imprese italiano, nella farmaceutica e non solo. L’Italia è uno degli hub più importanti a livello internazionale e questo è favorito dal fatto di avere un Servizio sanitario nazionale forte che è un unico buyer che mette a disposizione ad oggi, oltre 134 miliardi di euro l’anno facendone uno dei servizi sanitari pubblici più grandi del mondo. Tutto questo non dovrebbe essere percepito da chi lo mette in discussione come un peso per la finanza pubblica, ma come una straordinaria opportunità di innovazione e di crescita».


Terapie avanzate: sui pazienti pesa il lungo iter approvativo

Nonostante gli sforzi a livello nazionale e regionale per garantire un accesso equo ai servizi per la salute, permangono punti di criticità, soprattutto quando si devono immettere nel sistema sanitario nuovi strumenti.

È il caso delle terapie avanzate (TA), che – come osservato da OTA (Osservatorio Terapie Avanzate) nel progetto di policy shaping retreAT – presentano al momento un iter di immissione sul mercato ancora ad ostacoli. Ritardi che da ultimo pesano sui tanti cittadini in attesa delle nuove cure.

Dal 2007 l'Unione europea ha introdotto una procedura dedicata sia ai fini della classificazione sia ai fini della valutazione dei medicinali di terapia avanzata, la cui autorizzazione all’immissione in commercio può essere rilasciata esclusivamente dalla Commissione europea.

L’iter, tuttavia, è tortuoso: l'autorizzazione al commercio deve prima ricevere il parere favorevole del comitato scientifico CAT (Comitato per le Terapie Avanzate) istituito ad hoc dal Regolamento 1394/2007, che si aggiunge agli altri comitati già operanti nell’ambito dell’EMA, Agenzia europea per i medicinali.

Come sottolinea il recente retreAT Proposal Essay - A Strategic Framework Document, a distanza di 15 anni dall’adozione della nuova disciplina il numero dei medicinali di terapia avanzata autorizzati dalla Commissione europea è estremamente limitato. Dal 2009 ad oggi sono stati autorizzati 26 medicinali di terapia avanzata, di cui 7 ritirati dal commercio; per cui si contano oggi solo 19 medicinali di terapia avanzata disponibili sul mercato.

 

26
le terapie avanzate autorizzate dal 2009 al 2024

19
le terapie avanzate oggi disponibili

Del resto, per uno sviluppo delle terapie avanzate sostenibile e un accesso equo a queste risorse innovative è necessario uno sforzo su più livelli. Si tratta di un delicato equilibrio che deve bilanciare il corretto accesso di tutti pazienti alle terapie disponibili attraverso la sostenibilità economica per il Servizio sanitario nazionale, senza disincentivare le aziende che sviluppano, producono e commercializzano il prodotto.


Occorre bilanciare l’accesso equo
alle terapie avanzate
con la sostenibilità economica del SSN

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Terapie avanzate: sviluppo più rapido e accesso più equo

«Per un sistema che non lasci davvero indietro nessuno, bisogna lavorare per uno sviluppo più veloce e per un accesso con maggiori garanzie alle terapie avanzate.
In un recente ed ambizioso progetto di policy shaping chiamato RetreAT ci siamo confrontati per quasi due anni con oltre quaranta esperti lavorando in contemporanea su cinque tavoli: molte le proposte emerse. La sostenibilità, a nostro avviso, deve essere garantita attraverso i MEA - Management Agreement, accordi che possano permettere una condivisione del rischio tra azienda e SSN: si dovrebbe ripartire dagli ultimi modelli utilizzati, Payment-by-Result e Payment-at-Result, per trovare nuovi strumenti di rimborsabilità condizionata, finalizzati a gestire l'incertezza sulla performance per farmaci ad alto impatto clinico, tecnologico ed economico.

L'altro elemento imprescindibile per l'accesso alle terapie avanzate è la piena implementazione dei registri AIFA per accumulare evidenze di Real World (RWE - Real World Evidence) che permettano di dare risposte certe sull'efficacia a lungo termine di tali terapie.

Francesco Macchia,
Esperto di politica farmaceutica e sanitaria
e coordinatore di OTA - Osservatorio Terapie Avanzate.

L'aspetto essenziale per noi è poi l'equità di accesso a livello interregionale. In tal senso il tema dell'accreditamento dei centri è a nostro avviso fondamentale. Ci sono differenze tra Regione e Regione nei tempi e nei modi di accreditamento dei centri che sono francamente difficili da accettare. Per questo proponiamo che si istituisca, a livello del Ministero della Salute, una cabina di regia che possa dettare tempi e modalità di accreditamento uniformi tra le varie Regioni che portino ad una riduzione delle attuali differenze».

La carenza periodica di farmaci è un’emergenza europea

Le terapie avanzate non sono l'unico esempio delle difficoltà che ancora esistono tra la teoria di una sanità equa e la sua messa in pratica. Un altro anello debole della catena è l'approvvigionamento dei farmaci. Da alcuni anni si assiste a una carenza periodica di farmaci specifici nelle farmacie di tutto il Paese: dai prodotti antinfluenzali a quelli per il diabete.

Secondo l'Aifa sono al momento oltre 3700 i farmaci considerati "carenti", sui circa 10mila considerati prescrivibili in Italia. Di questi, 325 non hanno un sostituto generico, mentre per 32 non c'è proprio nessuna alternativa.

3700
i farmaci considerati
“carenti” in Italia 

325
i farmaci che non hanno
un sostituto generico

32
i farmaci per i quali
non è disponibile alternativa 

Tra i farmaci soggetti ad assenze croniche c'è il mifepristone, un farmaco essenziale per l'interruzione volontaria di gravidanza, mentre da qualche settimana la Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) insieme all’Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri (AAIITO) denunciano l'irreperibilità sugli scaffali delle farmacie degli auto-iniettori di adrenalina usati per intervenire tempestivamente in caso di shock anafilattico.

Tra i farmaci con ridotta disponibilità sul mercato italiano ci sono anche i medicinali a base di fluorouracile, utilizzati per il trattamento delle neoplasie dell'apparato gastroenterico, della mammella e del distretto testa-collo. Secondo un'indagine di Altroconsumo, nell'ultimo anno il 34% degli italiani non ha trovato medicinali a disposizione in farmacia e per oltre 3 persone su 10 non è stato possibile ottenerli in tempi brevi.

Tuttavia, le difficoltà di approvvigionamento non coinvolgono solo l'Italia. L’Autorità francese per i medicinali (ANSM) ha denunciato una carenza o il rischio di carenza di circa 5mila farmaci. Anche in Polonia si registrano carenze analoghe. Per far fronte alla scarsità di farmaci e principi attivi, nel 2023 la Commissione europea ha varato un meccanismo di solidarietà che permette a un Paese membro di poter chiedere la condivisione delle scorte nazionali. Il meccanismo, però, non è giuridicamente vincolante e al momento non sembra aver apportato un reale aiuto agli Stati maggiormente colpiti dal problema.


La carenza periodica di farmaci
colpisce soprattutto i sistemi sanitari
territoriali più fragili

One Health: una parola nuova per un approccio che arriva da lontano

A livello globale, non si può dimenticare che garantire una sanità equa e accessibile a tutti è tra gli obiettivi dell'attuale visione olistica che oggi prende il nome di One Health. Un approccio antico, basato sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema siano legate indissolubilmente in quanto bene comune.
Lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle durante la pandemia Covid-19. Assicurare il benessere animale in ambienti salubri può evitare il "salto di specie" (o spillover) di un agente patogeno.

Inoltre, in un mondo sempre più interconnesso, non solo gli uomini, ma con essi anche i virus possono viaggiare velocemente da un continente all'altro. Un focolaio in una parte del mondo può rapidamente diventare un'emergenza globale. Come abbiamo visto, le pandemie possono destabilizzare le società e le loro economie. Investire nella salute globale è un modo per prevenire e rispondere a queste minacce.

A questo scopo, nel 2000 è nata la GAVI Alliance, una partnership pubblico-privata la cui missione è quella di garantire equità e un miglior livello di salute per i bambini e per la popolazione, principalmente attraverso la realizzazione di campagne di vaccinazione nei Paesi in via di sviluppo.

Ne fanno parte governi e settore privato, istituti specializzati di ricerca, società civile e organizzazioni internazionali come l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), UNICEF e Banca Mondiale.

Proprio nel contesto della lotta al Covid-19, GAVI ha giocato un ruolo di primo piano. Insieme con OMS e CEPI, l’Alleanza ha diretto la COVAX Facility, il pilastro vaccini dell’acceleratore Access to COVID-19 Tools (ACT), lanciato ad aprile 2020. La COVAX Facility è stato un meccanismo globale di condivisione del rischio per l’approvvigionamento in comune e la distribuzione equa dei vaccini contro il Covid.

La COVAX Facility è stata la più grande operazione di acquisizione e fornitura di vaccini nella storia. Il progetto si è concluso il 31 dicembre 2023, con quasi 2 miliardi di dosi vaccinali fornite e 2,7 milioni di vite salvate nei Paesi a basso e medio reddito.

Dal 2000, la GAVI Alliance promuove equità
e una qualità di vita più alta,
soprattutto attraverso campagne di vaccinazione
nei Paesi in via di sviluppo.

UNICEF e le forniture nel Covax (dicembre 2023)

1,98 mld
dosi di vaccino spedite
in 146 Paesi 

67.100
concentratori d'ossigeno
per 114 Paesi

167.000
terapie antivirali
per 20 paesi

Fonte: https://www.unicef.it/emergenze/covid-19/covax

Cooperare per affrontare insieme le sfide della salute globale

L'esperienza acquisita dopo l'emergenza pandemica ha reso sia i Paesi sia i vari organi internazionali consapevoli dei rischi legati ad uno scarso o cattivo accesso alle cure.
Rafforzare i sistemi sanitari è diventata una priorità non solo nei Paesi a basso e medio reddito, ma anche negli Stati più ricchi dove la privatizzazione della sanità sta compromettendo l'accesso ai servizi sanitari per le fasce di popolazione più povere. Abbiamo scoperto come la collaborazione tra Paesi sia fondamentale per affrontare le sfide globali in materia di salute. Una popolazione sana è più produttiva e contribuisce in modo più efficace allo sviluppo economico e sociale. La salute rimane dunque un pilastro fondamentale da salvaguardare.

Bibliografia
1. Jabbour S, Fouhey D, Shepard S, et al. Measuring the Impact of AI in the Diagnosis of Hospitalized Patients: A Randomized Clinical Vignette Survey Study. JAMA. 2023;330(23):2275–2284. doi:10.1001/jama.2023.22295 
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4. Machine learning-based prediction of adverse events following an acute coronary syndrome (PRAISE): a modelling study of pooled datasets, D'Ascenzo, Fabrizio Piroli, Francesco et al, The Lancet, Volume 397, Issue 10270, 199 - 207
5. https://www.precedenceresearch.com/artificial-intelligence-in-cardiology-market
6. https://www.escardio.org/The-ESC/Press-Office/Press-releases/Price-tag-on-cardiovascular-disease-in-Europe-higher-than-entire-EU-budget 

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