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Emicrania: un “testa a testa”
con il dolore per milioni di donne

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'Emicrania' è un sostantivo femminile, e non è solo una questione di grammatica: parliamo di una patologia neurologica che colpisce soprattutto le donne. Nel sesso femminile, la prevalenza è circa tre volte superiore rispetto a quella negli uomini, con un impatto tale da renderla la seconda causa di disabilità dopo le malattie ginecologiche, al di sotto dei 50 anni1. Vivere con l’emicrania significa doversi allontanare dal mondo quando arriva un attacco: stare sdraiate al buio per tollerare il dolore, forte e pulsante, che può essere scatenato o aggravato da rumori, luci, odori intensi.

Ma non bisogna rassegnarsi, perché oggi l’emicrania può essere affrontata: le nuove terapie permettono di ridurre frequenza e intensità degli attacchi, ritornando rapidamente alle attività della vita quotidiana. L’importante è riconoscere questa malattia per quello che è, non un semplice “mal di testa da sopportare”, ma una condizione seria che merita attenzione e cure adeguate.
Emicrania: un “testa a testa” con il dolore per milioni di donne
di Elena Meli
Giornalista medico-scientifico
L’emicrania è una cefalea primaria, ovvero una patologia neurologica non causata da altre condizioni o malattie concomitanti (per questo è definita “primaria”).
È caratterizzata da attacchi ricorrenti e dolorosi, generalmente di intensità moderata o grave, che possono essere associati ad altri sintomi.

Il dolore da emicrania, tipicamente è pulsante anziché simile a una morsa, riguarda solitamente un lato della testa, partendo di solito dalla tempia o dalla fronte, sopra l’occhio. Se non trattato, dura dalle 4 alle 72 ore ed è mediamente più intenso rispetto a quello della classica cefalea tensiva, con una tendenza a peggiorare con il movimento e l’attività fisica. 

Nel 15-20% dei casi si parla di emicrania “con aura”, perché prima dell’attacco di mal di testa vero e proprio si manifestano anche sintomi neurologici tipici, che in genere compaiono in pochi minuti e durano fino ad un’ora. Di solito si tratta di alterazioni visive, per esempio aloni luminosi o tremolanti attorno alle cose, lampi, archi e strie di luce, oppure vertigini, formicolii, difficoltà a parlare2
L’identikit dell’emicrania
L’identikit di chi soffre di emicrania nel nostro Paese sta emergendo dal Registro Italiano dell’Emicrania (I-Graine)3, uno studio prospettico che coinvolge circa 40 centri e ambulatori cefalee in tutta Italia. Il paziente tipico? Una donna, con uno o due figli e una relazione stabile, che non abusa di alcol e caffeina, non fuma e non ha problemi di peso. Il ritratto di una persona comune, quindi, senza specifici fattori di rischio se si escludono la sedentarietà e i disturbi del sonno.
Il paziente con emicrania…
non pratica attività fisica (70%)
ha disturbi del sonno (35%)

Fonte: Registro Italiano dell’Emicrania I-Graine3

Il cervello delle donne
Esiste, in realtà, una suscettibilità genetica: chi ha familiari di primo grado che soffrono di emicrania ha una probabilità più alta di svilupparla a sua volta, spesso in età precoce. Non si tratta tuttavia di una “eredità” certa, anche se purtroppo non si può fare molto in termini di prevenzione primaria per evitare che il problema si manifesti. 

Questo accade perché uno dei fattori di rischio più ‘rilevanti’ è proprio il sesso femminile, per almeno due motivi.
 
«Il primo motivo per la maggior prevalenza dell’emicrania nelle donne risiede nelle peculiarità del cervello femminile, che è più pronto, veloce, reattivo», spiega Piero Barbanti, Responsabile dell’Unità per la Cura e la Ricerca su Cefalee e Dolore dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma. «L’emicrania è una malattia da ‘funzionamento eccessivo’, tipica di un cervello che ha una soglia di allarme più bassa e quindi è iper-reattivo anche in condizioni in cui non dovrebbe esserlo: proprio come il cervello delle donne, che quindi di base è più propenso a sviluppare il disturbo. Il secondo motivo è squisitamente ormonale: le modifiche nelle concentrazioni degli ormoni sessuali che si verificano nell’arco della vita possono innescare i meccanismi che portano al mal di testa, perché costituiscono variazioni di un equilibrio che sono poco tollerate da un cervello come quello degli emicranici, che è un ‘conservatore’ e non ama i cambiamenti».

L’emicrania riguarda circa 6 milioni di italiani
Colpisce soprattutto donne fra 25 e 55 anni
Nel 2024 è cresciuta la diagnosi della forma cronica,
che rappresenta il 10-15% dei casi

Fonte: Registro Italiano dell’Emicrania I-Graine3

Il ruolo degli ormoni

I cambiamenti ormonali possono essere motivo scatenante per l’emicrania.
Anche per questo «è con la pubertà che emerge la sostanziale differenza fra i due sessi nella prevalenza dell’emicrania» come spiega Cinzia Finocchi, già presidente dell’Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee (ANIRCEF). 
«Dopo l’arrivo del menarca inizia ad aumentare la probabilità di soffrire di emicrania e per molte si tratta di emicrania catameniale, che cioè si manifesta nei primi giorni del ciclo mestruale». 
Anche i dati raccolti su circa 5.000 donne con emicrania nel Norwegian Women and Health Study (NOWAC), pubblicati di recente4, lo confermano: l’adolescenza è il momento in cui molte vanno incontro al loro primo attacco.
Fonte: Ref. N.3
Età alla prima emicrania, per tipo di emicrania. La linea tratteggiata verde rappresenta l'età media all'insorgenza del menarca
Considerando il ruolo cruciale che rivestono gli ormoni per molte donne, anche l’uso della pillola contraccettiva può incidere sulla frequenza degli attacchi5. In alcune può portare a un miglioramento dell’emicrania, in altre può addirittura essere peggiorativa, in altre ancora è la settimana di sospensione degli ormoni che fa da innesco. Le risposte sono molto individuali, e qualsiasi decisione in merito all’uso degli anticoncezionali orali va perciò assunta assieme al medico.
Gravidanza e menopausa
Un momento particolare è senza dubbio la gravidanza, quando l’assetto ormonale inevitabilmente si modifica e per tante l’emicrania può cambiare volto. Come spiega Cinzia Finocchi, «soprattutto quando si aspetta il primo figlio e specialmente in chi soffre di emicrania senza aura osserviamo un miglioramento che inizia dopo il primo trimestre e diventa netto nel secondo trimestre, persistendo anche durante l’allattamento. L’emicrania con aura invece non migliora e anzi, a volte si manifesta per la prima volta proprio durante l’attesa». 
L’arrivo della menopausa, modificando nuovamente l’assetto ormonale, è un’altra occasione in cui l’emicrania cambia. «In peri-menopausa, a causa delle irregolarità di estrogeni e progesterone, l’andamento può essere imprevedibile e in alcune la frequenza di attacchi può perfino aumentare», dice Finocchi. «Quando però con la menopausa l’assetto ormonale si stabilizza, circa la metà delle donne vede migliorare l’emicrania: accade soprattutto a coloro che hanno un numero contenuto di attacchi emicranici e a chi li ha più direttamente correlati al ciclo mestruale. Esiste tuttavia una quota di donne che non migliora o addirittura peggiora, portandosi il problema avanti negli anni». Lo hanno confermato i recenti dati dello studio NOWAC4, che mostrano come la scomparsa delle mestruazioni non risolva l’emicrania nel 46% dei casi e come esista un 20% di donne che continuano a soffrire del problema anche dopo i 60 anni (senza contare un 9% di casi con esordio dopo i 50 anni).
Cinzia Finocchi
già Presidente dell’Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee (ANIRCEF)
Fonte: Ref. N.3
Età all'ultimo attacco di emicrania, per tipo di emicrania. La linea tratteggiata verde rappresenta l'età media della menopausa
Fotofobia: quando il cervello non spegne la luce
La fotofobia è uno dei sintomi che più spesso precedono o si associano a un attacco di emicrania: secondo le stime, il fastidio molto pronunciato nei confronti della luce si manifesta in circa un caso su tre. Una recente ricerca osservazionale ha dimostrato che il cervello degli emicranici risponde diversamente agli stimoli visivi rispetto a quello di chi non soffre di emicrania6. Mentre nelle persone sane l’eccitabilità corticale dopo una stimolazione visiva subisce una modulazione, in chi soffre di emicrania questo non accade e la soglia oltre la quale i neuroni si attivano è più bassa, portando a un’iperreattività consistente a seguito dell’esposizione alla luce.

Quando diventa cronica
L’emicrania di chi ha un attacco sporadico è relativamente gestibile. La malattia diventa però molto più difficile da tollerare quando è cronica, ovvero se il mal di testa si presenta almeno 15 giorni al mese, con almeno 8 attacchi tipicamente emicranici, per almeno 3 mesi consecutivi2: è questa la definizione di emicrania cronica, che si stima colpisca circa il 2% della popolazione. 
La probabilità di soffrire di emicrania deriva principalmente dall’interazione fra fattori genetici e ormonali, ma esistono specifici fattori di rischio che possono favorire la cronicizzazione.
Non soltanto la comparsa in età precoce o il sovrappeso e l’obesità, ma – come specifica Marina De Tommaso, Presidente della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC): «La probabilità è più alta in chi ha disturbi del sonno, comorbidità psichiatriche come depressione o disturbo d’ansia, altre patologie dolorose o disturbi come l’allodinia (una condizione neurologica per cui uno stimolo che normalmente non provoca dolore è percepito come doloroso, ndr). Anche la gravità e la frequenza degli attacchi influenzano il rischio di cronicizzazione». 
Rischio che è comunque maggiore nel sesso femminile: le donne, oltre a soffrire più spesso di emicrania, in un maggior numero di casi soffrono della patologia in forma cronica e hanno attacchi più intensi.
Attenzione ai trigger
I trigger (inneschi) sono i fattori che scatenano l’emicrania e sono specifici per ciascun paziente. Conoscerli è importante per evitarli, quando è possibile, ma può diventare anche fortemente limitante: alcuni non sempre sono eludibili, dalle emozioni forti allo stress, e in certe persone l’ansia da evitamento o la paura dell’attacco possono diventare esse stesse un problema. Pertanto, è sempre opportuna una valutazione adeguata della situazione individuale assieme allo specialista, per capire a cosa evitare di esporsi. Per esempio, se trascorrono tre mesi senza che luci forti o esercizio fisico abbiano indotto un episodio di emicrania si può essere abbastanza sicuri che questi fattori non debbano più essere evitati.

I trigger sono molto variegati, anche perché le persone con emicrania sono più sensibili agli stimoli. 
Odori, rumori e luci troppo forti possono innescare l’attacco, così come un bicchiere di vino o troppa caffeina, specifici cibi la disidratazione che, stando all’American Migraine Foundation, è un fattore troppo spesso sottovalutato7
Una recente metanalisi pubblicata sul Journal of Neurology8 ha dimostrato che anche le condizioni meteorologiche, come ad esempio un temporale, possono essere responsabili della comparsa di un attacco di emicrania. 
Fonte: Kelman et al., Cephalalgia (2007) The Triggers or Precipitants of the Acute Migraine Attack 
Lo stile di vita anti-emicrania
«I trigger dell’emicrania più diffusi e con il maggiore impatto sono quattro. Le variazioni ormonali legate al ciclo femminile e il clima non sono fattori modificabili ma sugli altri due, che sono l’alimentazione e lo stress, si può agire eccome», spiega Piero Barbanti. «Pensiamo alla dieta: ancor più di quello che si mangia conta non saltare i pasti. Molti casi di emicrania si riescono a risolvere con un’alimentazione regolare, in cui il 20-25% delle calorie giornaliere viene introdotto a colazione e non si digiuna, ma anzi semmai si prevedono due piccoli spuntini, al mattino e al pomeriggio. 
Anche lo stress, contrariamente a quanto si può pensare, è un fattore che sarebbe gestibile: il cervello emicranico è iper-funzionante, non riempire l’agenda di cose da fare è già una buona idea così come assicurarsi una giusta quantità di sonno, al momento giusto. La carenza di riposo può scatenare il mal di testa, ma anche un’abbuffata di sonno può farlo: l’emicrania del weekend è abbastanza diffusa fra chi cerca di recuperare un debito di sonno dormendo fino a tardi nel fine settimana. Può essere evitata con un compromesso: per esempio puntando la sveglia un po’ dopo rispetto a quando ci alziamo di solito nei giorni lavorativi».
Piero Barbanti
Responsabile dell’Unità per la Cura e la Ricerca su Cefalee e Dolore dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma
Una malattia che grava su vita privata e sanità pubblica
L’impatto dell’emicrania è considerevole, ma troppo spesso sottovalutato. Il Global Burden of Disease 20191 ha sottolineato che si tratta della seconda causa di perdita di anni di vita per disabilità dopo il mal di schiena, specificando che per le donne in età fertile fra i 15 e i 49 anni è addirittura la prima. 
L’emicrania è una malattia che mina le relazioni interpersonali e la capacità lavorativa: oltre alle assenze sul lavoro e a una riduzione della produttività, è connessa al fenomeno del cosiddetto presenteismo per cui si va al lavoro stando male, senza essere realmente produttivi e peggiorando anche le proprie condizioni di salute. 
La disabilità da emicrania non riguarda solo il momento dell’attacco, ma anche i periodi fra un episodio e l’altro perché chi ne soffre è fortemente condizionato nella propria vita personale, scolastica, lavorativa. 
Per tutti questi motivi l’emicrania comporta enormi costi, per lo più indiretti. In un’indagine che ha valutato l’impatto socioeconomico dell’emicrania in Italia, a cura del Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità9, sono stati stimati costi per 20 miliardi di euro l’anno, ma di questi il 93% dipende dalla perdita di produttività. Purtroppo, le prospettive non sono rassicuranti. La tendenza degli ultimi 30 anni, valutata dal Global Burden of Migraine10, ha visto una continua crescita dell’impatto dell’emicrania dal 1990 al 2021, con un aumento della prevalenza dell’emicrania del 58% e un incremento dell’incidenza del 42%.
Non solo donne
Purtroppo, anche fra gli uomini e i giovanissimi l’emicrania sta aumentando, avviandosi a diventare sempre di meno un problema da donne in età fertile e sempre più una malattia globale. 
Lo indicano le stime del Global Burden of Migraine10, secondo cui i tassi di incidenza e prevalenza fra gli uomini sono aumentati da quattro a cinque volte più rapidamente rispetto alle donne. L’aumento dei casi è ancora più veloce fra gli under 20, e le previsioni indicano che i numeri sono destinati a crescere ancora fino al 2050. 
I dati di un’ulteriore sotto-analisi su uomini e giovani, pubblicati di recente11, specificano inoltre che esiste un picco di incidenza fra i 10 e i 14 anni, e che l’incremento dell’impatto dell’emicrania sta risultando particolarmente evidente nella Regione Asia-Pacifico, dove è correlato anche alla crescita demografica.
Le soluzioni ci sono (ma si usano poco)
L’emicrania oggi si può tuttavia combattere molto efficacemente, come sottolinea Marina De Tommaso.
«Abbiamo farmaci specifici che agiscono sui meccanismi che scatenano l’emicrania, come quelli che bloccano il CGRP (Calcitonin Gene-Related Peptide, un neuropeptide vasodilatatore coinvolto nella trasmissione del dolore). A oggi questi farmaci possono essere prescritti soltanto nei centri cefalee e dai neurologi territoriali; se fossero utilizzati precocemente potrebbero ridurre il rischio di cronicizzazione». 

Si tratta infatti di farmaci molto utili per la terapia dell’attacco in acuto ma anche per la profilassi dell’emicrania, in grado di modificare la storia clinica della malattia soprattutto nei pazienti con le forme più complesse: i farmaci preventivi, assunti continuativamente per almeno 6 mesi, hanno l’obiettivo di ridurre la frequenza degli episodi di almeno il 50% e di ridurne l’intensità. Pur essendo farmaci che modificano l’andamento della patologia, sono a oggi sottoutilizzati. 
Si stima infatti che in Italia oltre una persona su quattro abbia una frequenza di emicrania superiore ai cinque giorni al mese10, per cui sarebbe candidabile alla terapia preventiva, ma che meno del 2% di chi sarebbe eleggibile al trattamento lo riceva. Inoltre, molti gestiscono gli attacchi acuti con analgesici sintomatici da banco, diversi da triptani o farmaci specifici, esponendosi così al rischio di un ulteriore peggioramento della malattia.
Servono i farmaci giusti
Uno degli elementi a cui non molte donne pensano, ma che invece incide parecchio sul rischio di cronicizzare l’emicrania, è l’uso di farmaci sintomatici
«Il fai da te è pericoloso, ma molto diffuso», osserva Marina De Tommaso. «Le pazienti sottostimano l’importanza dell’emicrania e provano a far passare il dolore con i primi analgesici che trovano in casa, spesso anche perché sono tratte in inganno da pubblicità fallaci di prodotti da banco pensati per mal di testa ben diversi dall’emicrania. Il risultato è magari un iniziale sollievo, ma poi – se gli attacchi si ripetono e l’assunzione di farmaci non adeguati diventa frequente – si arriva al cosiddetto effetto di fine dose, un mal di testa che compare perché si sospendono gli analgesici. Si tratta di fatto di un ‘abuso’ di farmaci, un impiego scorretto che poi rende l’emicrania ancora più complessa da gestire: per questo sarebbe fondamentale un corretto inquadramento dell’emicrania da parte del medico di famiglia. I casi più lievi di emicrania possono essere gestiti dal medico di medicina generale, che può dare indicazioni di cautela nell’uso dei farmaci antinfiammatori non steroidei e dei triptani. Se il numero di attacchi cresce, è opportuno che i pazienti siano inviati a un neurologo territoriale e, se anche con lo specialista il problema non viene risolto in maniera adeguata, occorre riferirsi a un Centro Cefalee».
Marina De Tommaso
Presidente della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC)
Figura che indica alcuni fattori connessi alla cronicizzazione; da Migraine: the leading cause of disability in working age women, Australian and New Zealand Headache Society, 2024 
L’emicrania non va “sopportata”, ma curata
«Purtroppo esiste anche un forte ritardo diagnostico», aggiunge Piero Barbanti. «Sappiamo che in media il primo attacco arriva attorno ai 17 anni, ma l’età media dell’accesso a un centro cefalee è 35 anni: in molti casi passano perciò due decenni prima che si arrivi alla soluzione più adatta ai pazienti più complessi, che purtroppo tuttora vengono gestiti spesso in maniera empirica. Questo dipende anche da una diffusa sottovalutazione dell’emicrania: ancora oggi avere il mal di testa è visto da molti come un segno di ‘delicatezza’ e fragilità, non come soffrire di una malattia che necessita di cure specifiche». 
Come aggiunge Cinzia Finocchi, questo «accade perfino nelle famiglie di emicranici, che in teoria dovrebbero conoscere bene il problema. Tuttora ci sono pazienti che pensano che soffrire sia un destino ineluttabile, che credono di doversi adattare e tacere. Ancora oggi tante persone con emicrania non ne parlano neppure con il medico di famiglia, che peraltro talvolta non è sufficientemente formato per la presa in carico o non sa a chi poter riferire i pazienti, perché in alcune aree del Paese non c’è una rete adeguata alla gestione dell’emicrania, che metta realmente in connessione territorio e Centri specializzati. 
C’è molto da migliorare, insomma, soprattutto perché con una corretta personalizzazione della cura praticamente tutte le persone con emicrania trovano una soluzione al loro problema».
Bibliografia
1. Steiner T.J. et al. J Head Pain (2020) Migraine remains second among the world’s causes of disability, and first among young women: findings from GBD2019
2.  Headache Classification Committee of the International Headache Society (IHS) The International Classification of Headache Disorders, 3rd edition - Cephalalgia 2018, Vol. 38(1) 1–211  DOI: 10.1177/0333102417738202
3. Registro Italiano dell’Emicrania – I-Graine http://www.i-graine.it
4. Stensland-Bugge et al., J Head Pain (2025). Migraine through puberty and menopausal transition: data from the population-based Norwegian Women and Health study (NOWAC)
5. Migraine and birth control – The Migraine Trust https://migrainetrust.org/live-with-migraine/migraine-and-contraception/ 
6. Shirahige et al., Restor Neurol Neurosci (2024) Effects of Pattern-Reversal Visual Stimulation on Brain Activity in Migraineurs and General Population
7. American Migraine Foundation https://americanmigrainefoundation.org/resource-library/summer-migraine-tips/ 
8. Li et al., J Neurol (2025) Association between weather conditions and migraine: a systematic review and meta-analysis
9. Impatto socio-economico dell’emicrania in Italia – Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità https://cergas.unibocconi.eu/sites/default/files/files/Emicrania.pdf 
10. Dong L. et al., Pain Ther (2024) The Global Burden of Migraine: A 30-Year Trend Review and Future Projections by Age, Sex, Country, and Region
11. Zhao H et al., Front Neurol. (2025) Global, regional, and national burdens and trends of migraine among males aged 10-59 years from 1990 to 2021: insights from the Global Burden of Disease study 2021

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