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L'altra faccia dell'emicrania

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Intelligenza Artificiale: i Tre Principi di Pfizer per una gestione etica e responsabile

Nonostante sia ormai riconosciuta come una patologia a tutti gli effetti e colpisca circa un miliardo di persone, l’emicrania è ancora oggi una malattia “invisibile” e difficile da comprendere per le persone che non ne hanno un’esperienza diretta: un’indagine condotta dall’Istituto Piepoli rivela come pregiudizi e banalizzazioni non siano ancora sufficientemente contrastati da un’opera di comunicazione, informazione e sensibilizzazione della società. Talvolta sono gli stessi sufferer a non avere consapevolezza di convivere con una vera e propria patologia o a sottovalutarla.

Altro che “semplice mal di testa”: l’emicrania è una patologia neurologica che, con la sua capacità di alterare le funzioni motorie, cognitive, sensoriali, e con le ricadute su lavoro, famiglia, attività quotidiane e relazioni di chi ne soffre, è una vera e propria malattia: una malattia che – secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità1 – è al secondo posto fra le malattie che provocano disabilità2, e al primo per chi ha meno di 50 anni.
A livello globale questa malattia neurologica colpisce circa un miliardo di persone; le donne tre volte più degli uomini.3

Eppure, tanto l’emicrania è una presenza dolorosa per chi la affronta quanto è invisibile da chi non ne ha mai fatto esperienza.
Una survey condotta dall'Istituto Piepoli per Pfizer4 ha cercato di indagare le difficoltà che vivono le persone che soffrono di emicrania, ma anche la consapevolezza della patologia nella popolazione dei non-pazienti, ovvero tutte le persone che i pazienti incontrano ogni giorno, colleghi, amici, familiari, con le quali devono di necessità confrontarsi. E il confronto non sempre è facile.


L’indagine dell’Istituto Piepoli è stata condotta su un campione rappresentativo di pazienti adulti (sufferer, persone con una media di 5,3 attacchi al mese e una durata della malattia di 9,8 anni, 30% uomini e 70% delle donne,19% dai 18 ai 34 anni, 36% dai 35 ai 54 anni e 45% dai 55 ai 65 anni) e di non-pazienti (popolazione, 49% uomini e 51% donne, il 27% tra 18 e 34 anni, il 47% tra 35 e 54 anni e il 26% tra 55 e 65 anni).

Il risultato, interessante e per alcuni versi sorprendente, mette in luce una sorta di gioco di specchi tra chi vive la malattia e il dolore che la contraddistingue, e chi invece l’emicrania soltanto la percepisce. Forse la intuisce, e a volte non la conosce.

Ma prima di entrare nel dettaglio definiamo meglio il dolore emicranico e la sua frequenza.

Intenso, pulsante, ricorrente
L’emicrania è la forma di cefalea ricorrente più diffusa (cefalea è un termine generico che indica il dolore alla testa di qualunque tipo o origine). La presenza dell’emicrania nella popolazione adulta nel nostro paese è di circa il 12% (18% nelle donne e 6% negli uomini), anche se il dato potrebbe essere sottostimato. In base alla frequenza delle crisi si parla di emicrania episodica, quando gli attacchi si verificano per meno di 15 giorni al mese, e di emicrania cronica, quando si verificano per più di 15 giorni al mese da almeno 3 mesi.

In genere, ma non è una regola, il dolore emicranico colpisce un solo lato della testa (emi in greco vuol dire in effetti metà) ed è un dolore intenso, pulsante, che peggiora con il movimento e che ha una durata che va da 4 a 72 ore. Ma chi soffre di emicrania sa bene che, anche una volta cessata la crisi, la ripresa non è immediata: ci si può sentire stanchi e avere difficoltà di concentrazione per giorni, una situazione che può prolungare l’incapacità di riprendere le normali attività lavorative, familiari, scolastiche.

Non a caso il costo totale dell’emicrania in Italia ammonta a 20 miliardi di euro all’anno: il 93% di tale importo è legato a costi indiretti quali la ridotta produttività.5
Il 60% delle persone con emicrania cronica soffre di dolore da moderato a grave, il 48% ha come sintomi nausea e vomito e il 69% prova fastidio nei confronti della luce (fotofobia) e del rumore (fonofobia). Tra le donne queste percentuali salgono rispettivamente a 63%, contro il 60% degli uomini, al 56% contro il 48% e al 73% invece del 69%).6

Con aura o senza
Sono due le forme di emicrania, quella senza aura e l’emicrania con aura. Nell’emicrania con aura, la meno frequente (ma anche in questo caso 3 volte più comune nelle donne che negli uomini), l’attacco doloroso è preceduto da altri sintomi - che nel loro insieme si chiamano aura, appunto - che precedono di 10-60 minuti la crisi. Si tratta di fenomeni visivi, motòri e anche neurologici: lampi di luce, annebbiamenti della vista, formicolio agli arti, rigidità del collo, difficoltà nel parlare. Quando questi sintomi cessano, inizia il dolore.

La consapevolezza nella popolazione
L'82% della popolazione, stando all’indagine dell’Istituto Piepoli, è a conoscenza dell'emicrania grazie al sentito dire (40%), ai media tradizionali (33%), agli operatori sanitari (26%) e ai social network/siti online (20%). Il 59% ha un'esperienza diretta con un malato. Per quanto riguarda la terminologia, il campione sembra essere abbastanza informato: il 71% sa che c'è una differenza tra le espressioni mal di testa, emicrania e cefalea, mentre solo il 29% pensa che siano sinonimi.

Il percorso della diagnosi è complicato. E lungo
Nonostante l’impatto considerevole della malattia sulla vita dei pazienti e la sua diffusione a livello globale, ma, soprattutto nonostante la possibilità di avere accesso a nuovi trattamenti più efficaci, il percorso verso la diagnosi dell’emicrania è difficile, complesso, impegnativo. E lungo.
Quanto lungo? Occorrono 5,3 anni dalla comparsa dei primi sintomi, in media. Che significa anche 7-8 anni, se non di più, per alcuni pazienti.

 

Solo il 22% dei sufferer ha ricevuto in un centro specializzato la diagnosi di emicrania. Questo è un passaggio fondamentale: una volta ottenuta la diagnosi, i pazienti passano dal dolore all’accettazione e alla gestione della malattia (49%).

Il 77% di loro si dichiara realmente soddisfatto del suo percorso assistenziale.


La solitudine e lo stigma
L’emicrania crea difficoltà nella vita quotidiana e nel rapporto con gli altri, complica l’impegno nel lavoro, negli studi, nelle relazioni: nessun contesto è risparmiato. L'ambito più colpito è il lavoro (69%), seguito dal tempo libero (65%), dalla gestione familiare (59%) e dai rapporti sociali (59%).

Ma nonostante questi dati, e sebbene i pazienti abbiano imparato a convivere con l’emicrania (il 90% afferma di essere in grado di gestire la situazione sempre, o almeno la maggior parte del tempo, secondo i dati dell’indagine), i sufferer si sentono oggetto di minimizzazione da parte di chi non comprende appieno la gravità e l'impatto della malattia.
Tanto che il 90% ritiene che la loro patologia sia sottovalutata socialmente, e una quota rilevante prova un sentimento di solitudine: il 66,2% pensa che nessuno capisca davvero il livello di prostrazione che provoca la malattia, e il 49,9% soffre di uno stigma sociale per via della sua emicrania.

E i dati in effetti confermano - e giustificano anche - sia il senso di solitudine che la percezione dello stigma: è a conoscenza dell'emicrania la maggior parte della popolazione, ma non la considera tuttavia una malattia grave, quanto piuttosto una condizione temporanea. Per il 9% è un sintomo, per il 14% una malattia curabile, per un altro 14% una patologia lieve. Il 19% la ritiene una malattia comune e solo il 44% considera l’emicrania una condizione medica debilitante. Come, in effetti, è.

Incomprensione e (reciproci) pregiudizi
Dalla survey dell’Istituto Piepoli la maggior parte delle persone con emicrania non si sente emarginata (57%) ma incompresa sì (il 31% qualche volta il 35% sempre). E il 74% pensa che ci sia un alto livello di pregiudizio dovuto alla mancanza di informazioni sulla patologia, che si traduce in un basso livello di empatia e comprensione.

L’indagine mette in luce però un altro fenomeno interessante: la reciprocità del pregiudizio. Il 41% dei sufferer ritiene che per la popolazione generale chi soffre di emicrania si comporti come una vittima quando, in realtà, ha questa percezione solo il 13% delle persone che non ne sono affette. Per il 74% di loro, infatti, i malati dovrebbero avere più sostegno da tutti: familiari amici e colleghi.

Sapere per cambiare idea
Ma nel corso della ricerca si è chiaramente visto che, se viene presentata una descrizione scientifica della patologia, la consapevolezza della sua gravità e complessità aumenta nella popolazione: il 28% del campione cambia opinione sull'impatto dell'emicrania nella vita quotidiana dopo aver acquisito più informazioni.
A fronte dell’acquisizione di una maggiore conoscenza, guidata da una «certificazione scientifica» e da una informazione qualificata riguardo l’emicrania come patologia e la sua sintomatologia, la popolazione dimostra capacità di comprensione e di superamento dei propri pregiudizi.

Le richieste dei pazienti: ricerca e riconoscimento sociale
Chi soffre di emicrania vorrebbe parlare di più della sua patologia (37% contro il 24% della popolazione), avere nuove soluzioni terapeutiche (41% verso 33% dei non pazienti) e avere personale più specializzato e informato (39% contro 38%) e strutture mediche (38% verso il 27%) e tutti, sufferer e no, ritengono che il cambiamento debba partire dalle associazioni dei medici (64% dei malati contro 68% della popolazione) e dalle istituzioni pubbliche (63% contro 60%).

Oltre all’impegno nella ricerca di cure più efficaci, i pazienti quindi chiedono un maggiore riconoscimento sociale della loro malattia, campagne di sensibilizzazione per l‘accettazione e la considerazione sociale della loro condizione e il superamento dello stigma, che è un'aggiunta al dolore che già provano per la patologia.



Bibliografia

https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/headache-disorders
https://www.healthdata.org/sites/default/files/files/policy_report/2019/GBD_2017_Booklet.pdf
https://migraineresearchfoundation.org/about-migraine/migraine-facts/
Emicrania: conoscenza, percezioni ed esperienze presso la popolazione e i sufferers, 2024 un’indagine dell’istituto Piepoli per Pfizer  (non è un link)
https://www.iss.it/documents/20126/0/Emicrania-una-patologia-di-genere.pdf/d5c39e7f-bf71-1d3a-91ef-6d71efc87a6e?t=1576061517293
 https://cergas.unibocconi.eu/sites/default/files/files/Emicrania.pdf

E inoltre è stato consultato il rapporto Censis.

 

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